Uno dei motivi per cui noi italiani siamo più famosi e per cui tutto il mondo ci invidia è la buona cucina, ed anche qui in Toscana non siamo chiaramente da meno!
Si va dalla classica trattoria dove poter gustare una classica bistecca alla fiorentina (sotto le tre dita è carpaccio!), all’enoteca in cui si può assaporare un più moderno aperitivo con un vino accompagnato da un bel tagliere locale!
Sorseggiare il prezioso vino, accompagnato dai biscotti tipici, carichi di mandorle, è la ciliegina alla fine di ogni pasto toscano che si rispetti. Siamo un popolo strano noi: inzuppiamo i biscotti non nel caffelatte, ma nel vino, e questa la dice lunga!
Cantucci e Vinsanto sono per noi toscani un’accoppiata classica e hanno entrambi una storia e una tradizione molto antica.
Ancora oggi, non abbiamo una documentazione storica che ci indichi con precisione la nascita del Vinsanto. Sappiamo però con sicurezza che tutti i riferimenti si concentrano maggiormente nell’area toscana. L’uso di uve appassite per produrre vini era infatti una pratica diffusa fin dall’epoca romana, o addirittura
etrusca.
Inoltre, questo vino ha sempre avuto una collocazione molto aristocratica, essendo riservato ad occasioni importanti e a cerimonie sacre.
Esistono varie teorie che parlano di come il Vinsanto abbia raggiunto la “santità”.
Una versione, originaria di Siena, parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che veniva usato per celebrare la messa. Subito si pensò e si diffuse l’idea che questo vino avesse proprietà miracolose, e da quel momento divenne quindi “santo”.
Un’altra teoria narra di come durante il Concilio di Firenze del 1439, il cardinale greco Giovanni Bessarione assaggiando un vin pretto esclamò: “Questo è il vino di Xantos!”. Il cardinale si riferiva ad un vino passito greco di Santorini, ma i commensali ne confusero la parola capendo “santo” e pensarono che lui avesse scoperto un vino con caratteristiche degne per essere definito tale. Da quel momento il vin pretto fu chiamato Vin Santo. Una variante della storia, invece, racconta che Bessarione parlando del vino abbia usato la parola “Xanthos” che significa giallo.
L’origine più verosimile del nome richiama l’utilizzo del Vin Santo durante la messa, nel momento in cui il parroco “beve il sangue di Cristo”; mentre la teoria più banale riguarda la sua produzione, infatti anticamente le uve venivano fatte appassire fino alla Settimana Santa per poi essere successivamente pigiate e torchiate.
La storia dei cantucci risale probabilmente al XVI secolo.
La tradizione ci racconta che il nome del cantuccino nasce dall’abitudine delle famiglie contadine di mangiare la parte finale e rimanente del filoncino dolce, che i panettieri preparavano per le famiglie benestanti. Questa parte veniva chiamata proprio cantuccio, cioè parte che sta all’angolo.
Nel 1691 si ha la trascrizione dei cantuccini nel dizionario dell’Accademia della Crusca, in cui venivano descritti come: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”.
Originariamente, i cantucci toscani non prevedevano mandorle intere, che furono poi aggiunte in seguito da Caterina de’ Medici in alcune varianti.
Inizialmente i cantucci più famosi erano prodotti a Pisa, anche se la prima ricetta documentata risale al XVIII secolo ed è di Prato.
Fu solo nel XIX secolo che un noto pasticcere pratese, Antonio Mattei, perfezionò la ricetta, trasformandola in quella che oggi è considerata quella classica.
Non sarà certo il dolce più famoso al mondo, ma chiunque trascorra una vacanza in Toscana e voglia vivere appieno questa esperienza, non potrà fare a meno di assaggiare l’accoppiata vincente, che non stanca mai dei “Cantucci e Vin Santo”!
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